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Quelle che il latte ...
Dal Piemonte cinque storie di donne che vivono di zootecnia sedendo “nella stanza dei bottoni” delle loro aziende. E conciliando, talora con difficoltà, gli impegni familiari con quelli professionali.
Preparate e determinate sul lavoro, ma anche dolci e sorridenti - materne - nella vita privata. Sono loro, le donne del latte. Negli ultimi anni, girando per le stalle italiane, è sempre più facile incontrarle, ed è sorprendente notare come ciascuna di esse abbia una storia da raccontare, magari fatta di lutti e momenti di crisi, ma quasi sempre di sfide vinte.
Noi siamo andati in Piemonte, per raccogliere le testimonianze di un gruppetto di imprenditrici “coi fiocchi” legate al mondo Purina®, realtà che fa dell’inclusività, della tutela delle pari opportunità e della valorizzazione delle diversità uno dei suoi cavalli di battaglia.
Un lavoro "materno"
Partiamo quindi da Cavallermaggiore (CN), dove incontriamo Cecilia Panero. "Dieci anni fa - esordisce - proprio quando stavo affrontando l'esame di maturità, papà è venuto a mancare. A quel punto mi sono decisa ad affiancare, qui in stalla, mia madre Gabriella, che in precedenza aveva sempre lavorato e lavora tuttora nella scuola, e che durante la malattia di mio padre aveva iniziato a occuparsi della mandria. Da quel giorno sono rimasta qui". Oggi, dopo tante fatiche e notti insonni, le Frisone di Cecilia macinano risultati, e l'azienda agricola "Cecilia Panero" sta saldamente in piedi sulle proprie gambe. "Ma gli inizi sono stati veramente duri. Qui c'è fame di terra - sottolinea la nostra interlocutrice - e la gente si aspettava che vendessimo campi e vacche. Ma poi, vedendo che invece eravamo intenzionate a continuare, ci ha sottoposto a pressioni di ogni tipo affinché mollassimo. Ma noi due, con il prezioso aiuto dei tecnici che ci seguivano e che tuttora ci affiancano, siamo riuscite a tener duro". Non solo: tre anni fa, Cecilia si sposa con Matteo Gastaldo, allevatore figlio di allevatori, "e da quando c'è lui a consigliarmi sulle scelte agronomiche o in materia di genetica, mi sento finalmente fuori dal tunnel". Ma attenzione, in questi dieci anni di duro lavoro, Cecilia ha acquisito professionalità, sicurezza in sé stessa e stile. Tanto che sulla bacheca dell'ufficio aziendale è affisso un cartello con su scritto: "tratta ogni vacca come una madre dovrebbe essere trattata". "Secondo me - spiega Cecilia - quello di allevare vacche da latte è un lavoro materno. Svezzare vitelli, mungere, far partorire sono tutte attività da donne, in cui noi donne mettiamo tutta la nostra sensibilità. Ad esempio, non ho mai esortato nessuno a tirare più forte per far nascere il vitello, perché piuttosto penso alla madre e mi dico: poverina, chissà che male".
Organizzazione e sorrisi
Come seconda tappa di questo tour al femminile incontriamo Cristiana Giordano, entrata nel mondo Purina® come agente nel 2006, avendo già maturato diverse conoscenze ed esperienze nel settore negli anni precedenti grazie all'azienda di famiglia attiva nel commercio del legno e della segatura. Nel 2021, per meriti acquisiti sul campo, Cristiana diventa titolare in quel di Marene (CN) di una Concessione Purina®. In mezzo (2009), trova il tempo anche per sposarsi e per mettere al mondo cinque figli, da accudire e crescere giorno dopo giorno. "Come faccio a conciliare lavoro e famiglia? È tutta questione di organizzazione: concentro l'attività lavorativa al mattino, cercando in quelle poche ore di girare sempre al massimo, e poi al pomeriggio mi dedico alla famiglia. Tutto con la massima passione, attiva e coinvolgente. Da qui sta maturando un nuovo progetto: io e mio marito desidereremmo creare una "nostra" azienda agricola di famiglia, dove condividere con i figli progetti, insegnamenti e opportunità". Vita privata ricca, ma le soddisfazioni non mancano nemmeno sul versante professionale: "lavorare con gli allevatori mi piace. Prima di tutto perché è un ambiente umano: all'inizio, quando per me era tutto nuovo e avevo tanto da imparare in fatto di alimentazione bovina, mi hanno saputo aspettare, e hanno sempre portato rispetto per me, il mio mondo e i miei familiari. Da parte mia, ho sempre cercato di contraccambiare, portando ai clienti sorrisi e buon umore. Se ho dovuto fare i conti con comportamenti maschilisti? Non direi, anche se, a differenza di quanto capita ai colleghi uomini, l'atto di vendita non è il frutto dello sviluppo di un rapporto confidenziale con il cliente ma occorre anche tanta professionalità e un pizzico di ironia. Inoltre, girando per le stalle c'è sempre qualcosa da imparare". Soddisfazioni morali e materiali: ecco perché Cristiana ha scelto di provare a crescere, pur tra mille impegni da conciliare. "Ci credo in questo settore. E grazie alle tecnologie di cui disponiamo oggi, questo è un lavoro del tutto conciliabile con la vita privata, anche per una donna...".
Un esordio tutto in salita
"Sono timida di mio e in più donna, di provenienza cittadina, e non capisco né tanto meno parlo il dialetto piemontese. Con queste premesse, è logico che per me, i primi mesi di professione trascorsi nelle stalle, a confrontarmi con gli allevatori locali, che erano e sono in stragrande maggioranza uomini, siano stati traumatici".
A parlare è Sara Gandolfo, imperiese, medico veterinario. "Dopo la laurea in Medicina Veterinaria all’Università degli Studi di Torino, la specializzazione in Alimentazione Animale l’ho conseguita all’Università degli Studi di Milano, polo di Lodi". Da 9 anni, Sara è impegnata come nutrizionista negli allevamenti di vacche da latte, ma da più di due anni, e precisamente dal mese di marzo del 2021, è Dairy Management Consultant di Purina®. Motivo per cui passa le sue giornate a formulare razioni e a fare in modo che nelle stalle clienti le bovine stiano bene e performino al meglio. "L’esordio è stato tutto in salita - riprende Sara - ma per fortuna ho tenuto duro, e adesso questo lavoro mi piace moltissimo.
Negli anni ho acquisito esperienza e sono riuscita a dimostrare le mie competenze e le mie capacità. "Negli anni ho acquisito esperienza e sono riuscita a dimostrare le mie competenze e le mie capacità ed ora gli allevatori si fidano di me". Forza Sara, avanti tutta!"
Tappa alla "Muri Holstein"
Volgiamo la prua dell'auto in direzione di Caraglio (CN), dove vivono e lavorano le sorelle Stefania e Claudia Morisiasco. Due volti noti della zootecnia da latte italiana, considerato che le bianconere della "Muri Holstein" continuano a fare incetta di premi alle mostre di razza. "È proprio la passione per la genetica e per l'azienda di famiglia - spiegano le dirette interessate - che ci ha fatto tener duro all'indomani della morte di nostro padre Mario, avvenuta ormai 9 anni fa. Quindi largo alle belle vacche, ma il frigo è sacro: così ci ha insegnato papà e così cerchiamo di fare anche noi". In effetti oltre alla bellezza "dairy" delle vacche che popolano la Muri Holstein, l'altra specialità della casa è la produttività: non è proprio da tutti mantenere nel corso dell'anno, con una mandria di 260 vacche in mungitura, una media di 40 litri per vacca al giorno. E le tre mungiture giornaliere praticate alla Muri Holstein c'entrano fino a un certo punto. Ma anche per Stefania e Claudia, i primi tempi sono stati, sotto il profilo professionale oltre che psicologico, assai difficili. Dopo avere studiato e lavorato fuori dall'azienda (Claudia è laureata in Lingue e Stefania ha lavorato in uno Studio di Commercialisti), quando il papà Mario si è ammalato, per fortuna avevano già fatto il loro training in azienda. "Per cui, - spiegano le sorelle Morisiasco - dopo la sua morte siamo andate avanti insieme, dandoci dei ruoli precisi (campagna, miscelate e amministrazione a Stefania, gestione della mandria a Claudia) e soprattutto facendo tesoro degli insegnamenti ricevuti da papà". E quando, nel 2015, Stefania diventa madre, un aiuto viene dal marito Davide, che va ad affiancare la moglie in campagna. "E in questo modo, nel 2017 siamo riuscite a completare il progetto di nostro padre, che era quello di dar vita a un impianto di biogas alimentato a sole deiezioni. Oggi sembra un fatto scontato, ma allora il dibattito sull'eticità di certi impianti alimentati a biomasse vegetali, era all'ordine del giorno". Nessun problema, invece, con i colleghi allevatori ("fin da piccole papà ci faceva frequentare le mostre di razza e in azienda non ci ha mai messo in disparte, per cui eravamo già conosciute e rispettate nell'ambiente"), né tanto meno con i fornitori ("nelle trattative ci spalleggiamo e loro riconoscono in noi interlocutrici competenti"). Qualche grattacapo, semmai, con i dipendenti maschi: "devono accettare il fatto - concordano le due sorelle - di avere come datori di lavoro delle donne e non degli uomini. E su questo punto alcune etnie fanno più fatica di altre. Ma la nostra linea di condotta con i dipendenti è sempre la stessa: per noi sono solo degli aiuti, e nessuno di loro è per noi indispensabile. Tanto, in azienda e in stalla dobbiamo esserci noi e, soprattutto, vogliamo esserci noi. Noi due, insieme".
Fare tutto e bene
Tiziana Perotti, invece, è una donna sola al comando: è questo il primo pensiero che ci viene in mente quando entriamo nel suo allevamento di Collegno, nella prima cintura verde di Torino. In stalla 130 bovini di pura razza Montbéliarde (65 le vacche in mungitura), a cui si aggiunge qualche bovino da carne e 26 ettari di terreno da gestire. In più, anche per Tiziana, c'è la famiglia, la casa, la spesa… "Provengo da una famiglia di margari che fino agli anni '90 ha praticato la monticazione e poi è divenuta stanziale, iniziando proprio con la Montbéliarde. Ho vissuto con il bestiame fin da bambina, e quando mio padre ha manifestato l'intenzione di passarmi il testimone dell'azienda, non mi sono tirata indietro. Questo perché ero e sono anche oggi realmente appassionata di questo mestiere, e quando hai la passione accetti sia i lati positivi che quelli negativi. Tra i primi metterei il contatto con gli animali: adoro il fatto che le mie vacche mi riconoscano e interagiscano con me, anche perché - sottolinea Tiziana con legittimo orgoglio - sono tutte nate qui in stalla e le ho tirate su io, una per una. La difficoltà sta nel far quadrare i conti visto che, nonostante le continue innovazioni tecnologiche, la nostra rimane una professione legata agli eventi atmosferici, e con la siccità e le alluvioni di questi ultimi due anni ne abbiamo avuto la conferma. Gli aspetti negativi? Personalmente, a me non pesa lavorare senza orari e senza week-end, ma ogni volta che devo caricare una vacca sul camion del macello, per me è un incubo". Chiamatelo, se volete, approccio empatico. "Proprio così. Ed è per questo motivo che ritengo che in questo mestiere noi donne abbiamo una marcia in più. Ci prendiamo realmente cura dei vitelli, e quando c'è un parto in corso, noi soffriamo insieme alla vacca. Per inciso, quando è toccato a me partorire, ho chiesto ai medici di farmi il cesareo". La nostra visita è terminata e Tiziana scappa via. C'è da pensare al pranzo e da andare a prendere la figlia Aurora al ritorno da scuola. Allevatrici, ma anche mogli e madri. Non dimentichiamolo.